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I giorni dell’abbandono a Dio | Covid 19 Psicoterapeuta Parma Rimini Padova - Amalia Prunotto

I giorni dell’abbandono a Dio

I giorni dell’abbandono a Dio.
Il suono del cellulare spezza il silenzio irreale in cui è immersa la  casa: è la  collega con cui condivido sogni e progetti, confidenze e risate….il solito saluto scherzoso, la battuta ironica ancor prima di salutarla, non  le lascio il tempo…, mai, sono sempre troppo, troppo irruenta, troppo …

Anche questa volta.

Dall’altra parte, il silenzio. Le parole tutte d’un fiato. E non  sono quelle di sempre, i risultati scolastici dei figli, lo studio, le difficoltà di  lavoro, il flirt via chat con quello che … e il “dai  che ne parliamo davanti ad un caffè…”.

Ha il Cdv19.dice, a bassa voce È ricoverata, dall’altro ieri.

Mia mamma.

È  sola

Isolata. Non  posso andare a trovarla, dobbiamo  sottoporci  anche noi tutti  al tampone. E’ piuttosto grave. Il personale esce ed entra nella sua stanza il tempo necessario, con la tuta e la mascherina, è tutto vuoto, non ha nessuno, accanto. Un’infermiera le  ha fatto il cenno di farle una carezza; ha pianto…

Rimango in silenzio.

Dopo, le solite frasi di sempre. Ci sono, conta su di me, si siamo lontane, ma lo sai qualcosa posso fare, delle chiamate, ad esempio. Si, certo, vedrai, tu starai bene, sei sempre stata la più lungimirante nelle precauzioni da adottare, non sarà nulla, vedrai. E poi prego Sant’ Antonio e Padre Leopoldo, vi metto sotto la loro protezione, contaci…

Poi faremo tutte le cose che ci siamo ripromesse, e ne penseremo di maggiori, …

Non vedo l’ora di mettere giù.

Realizzo, adesso.

Quella foto  postata,  la città di Bergamo, che diventa un pugno nel cuore.

Il corteo e le bare tutte in fila.

La paura, il silenzio, l’impotenza, il senso di irrealtà di una tragedia che pensi possa appartenere solo ad altri.

No. Non è vero che si capisce. Non puoi.

Devi passarci, attraverso.

La rianimazione. La mascherina, i copri abiti sterili. La stanza, le macchine, il silenzio e il suono del ventilatore meccanico.

Solo quel rumore, nel silenzio assordante.

Sembra il ritmo del cuore.

Lo stesso che ti fa ascoltare con  l’ecografo il medico quando ti permette di auscultare il battito del cuore di tuo figlio in pancia.

È il ritmo della vita, il respiro; quella vita che guardando quel corpo nel letto, che non puoi toccare  a cui non puoi parlare, speri che farà ancora parte della tua quotidianità.

Ascolti quel rumore e pensi che è il più bello in assoluto, e che vorresti non sentirlo, segno che tutto sarà andato a posto, com’è naturale che sia, perché quello che vivi è semplicemente un momento.

Non sentir più quel rumore però,  potrebbe significare che ha finito il suo compito.

Questo no, non lo puoi pensare. Vuoi solo ascoltarlo, quel rumore.

I medici ti sfilano davanti, e non hanno risposte.

Tu sei sola, immensamente sola, davanti ad un qualcosa più grande di te, a qualcosa che era inimaginabile fino a poche ore prima.

C’è la paura, la paura di non vederla più, di non poterla salutare, di saperla senza nessuno, di non poterla accompagnare.

E pensi, pensi a tutte le parole non dette, alle porte sbattute e “al non cercarmi più, tanto non ci capiamo mai”, pensi che la vita è crudele, e tu non ti meriti tutto questo, forse si, tu che i tuoi colpi di testa li hai fatti, ma lei no, lei c’è sempre stata. E ti chiedi come potrai farcela.

E si che Dio c’è, ma non chissà, questa sera.

Hai solo paura.

E intanto, scorrono davanti a te le immagini agghiaccianti di una guerra che mai avresti pensato, ti avrebbe visto protagonista.

Non  lo vuoi, tutto questo.

Ma non c’è nessuno che lo possa prendere per te.

Comprendi.

Quello che ti hanno raccontato. Che riceverai una chiamata, ogni sera, sulle condizioni di salute. Che potrà essere ventilata. Che potrebbe non farcela.

Che potresti non riuscire a salutarla.

Non puoi pensarlo, no.

Congelamento, direbbe Racamier….è  la mia  parte di psicoanalista che parla.

Fanculo, pensi. Adesso serve.

La mente, il corpo scelgono sempre la strada possibile per quel momento, è sempre stato il diktac con cui sollevi di ogni colpa i tuoi pazienti…questa volta deve valere anche per te.

Forse.

Niente sarà più come prima, in ogni caso.

Lo sai.

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